martedì 18 agosto 2009

I used to love h.e.r

dovete sapere che per un periodo della mia vita pensavo di voler fare musica per vivere. Ci avevo davvero creduto, poi un po' la sfortuna, l'ambiente e cambiamenti personali, mi hanno allontanato sempre di più dal sogno.

quando parlavo con persone più grandi di me, persone che nemmeno sapevano cosa fosse il rap, mi si diceva sempre che un giorno avrei abbandonato tutto e che non avrei nemmeno più ascoltato questo genere. Ovviamente non li ascoltavo e addirittura dicevo che avrei dimostrato loro il contrario. Bene, già metà della loro profezia si è avverata e ultimamente temo che si stia avverando anche la seconda parte.

infatti più vado avanti con gli anni più sento che il rap non mi si addice. Lo possiamo scindere in due filoni principali e un terzo meno sviluppato. Il primo è quello gangsta o almeno quello più commerciale, quindi parliamo di temi molto superficiali o anche profondi ma trattati con superficialità (tranne rari esempi), quindi si parla di violenza, sesso, o semplicemente di quanto sia fico il rapper in questione. Il secondo è quello underground, dove l'aspetto è più focalizzato sulla tecnica e proprio per questo diventa spesso povero di contenuti. Il terzo sarebbe quello conscious, dove si cerca di ben bilanciare tecnica e contenuto, con una certa attenzione anche alla ricerca musicale. Ovviamente avrete capito che è il terzo filone quello che più apprezzo.

dopo questa breve e anche alquanto infelice descrizione, ma non potevo fare di meglio in poche righe, succede che le uscite interessanti sono davvero poche. Che ormai se riesco ad apprezzare veramente due, tre dischi all'anno è davvero tanto. A volte penso sia proprio l'approccio al rap che lo rende un genere prettamente adolescenziale. Un testo rap è lungo il triplo di una canzone convenzionale e non può essere vago più di tanto, c'è spazio per le metafore, le similitudini, ma alla fine dei conti devi dire qualcosa per tre strofe. Quest'approccio così diretto, spesso scade in un piatto soliloquio o in uno sfogo di frustrazioni.

disprezzai molto Neffa quando decise di abbandonare il rap, ora invece lo capisco. Non ho ancora abbandonato del tutto il genere, ma è ormai passato dall'80% al 20, magari 30% dei miei ascolti. Come diceva Common, I used to love h.e.r



6 commenti:

  1. Sì, crescendo le cose cambiano sempre un po'. Qualcuno lo vede come una cosa negativa, addirittura come un tradimento delle proprie origini, se si è in un certo modo non si può e non si DEVE cambiare. Ma io non sono d'accordo, il cambiamento è crescita, è segno che ci si adatta anche agli agenti esterni e non si rimane chiusi nel proprio mondo, e cosa ancora più importante, non si cerca di fermarsi a produrre un'instantanea di sé, perché per quanto possiamo essere stati "belli" in quel momento, l'unica verità è che cambiamo ogni giorno e non saremo mai più gli stessi del giorno precedente. Tutto quello che ci succede serve a formarci, quindi non c'è niente di male a cambiare.

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  2. yep, I agree. Però fa sempre effetto ripensare a come si era e guardare come si è.

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  3. Premetto che sono un semplice ascoltatore del rap, ma sta succedendo la medesima cosa a me.

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  4. eh uagliò, ci stiamo facendo vecchi!

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  5. Anch'io ascolto rap:
    http://www.youtube.com/watch?v=a5IUclQONJs

    http://www.youtube.com/watch?v=VH7_H05aeiY

    (prima o poi scriverò un commento serio).

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